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Le Testimonianze

Il Santuario > Pompei tra Cronaca e Storia

*A Biancavilla un'antica stampa donata dal Beato
Antonio Alessandro Marino Zappalà - Biancavilla (Catania)
Una stampa della Madonna del Rosario ritorna al suo antico splendore e alla vista dei fedeli.
È quella conservata per anni in archivio e che per volere di don Agrippino Salerno, attuale rettore della chiesa "Santa Maria del Rosario" di Biancavilla (Catania) torna ad essere ammirata e venerata.
La stampa, datata 1885, fu spedita tramite raccomandata dall’avvocato Bartolo Longo, oggi Beato, al Prevosto della Collegiata e cappellano della chiesa, il canonico Vito Piccione.
In seguito venne collocata nella chiesa in una ricca e settecentesca cornice lignea dorata finemente intagliata e nel 1938 il rettore Canonico Pasquale Castro durante la supplica invitava i fedeli a rivolgere la tradizionale preghiera alla Vergine Maria a maggio e ottobre.
Dopo la chiusura della chiesa a causa del terremoto del 1998 e restauro delle opere d’arte al suo interno, la stampa venne conservata in archivio.
E ora finalmente sarà possibile ammirare di nuovo e pregare la Beata Vergine Maria del Rosario di Pompei.

*Abbonati al Periodico sin dal 1884 - (I miei nonni)

Sono una devota della Madonna di Pompei da quando avevo dieci anni. Ora ne ho ottanta e, negli anni della mia fanciullezza, il periodico "Il Rosario e la Nuova Pompei" era un "astro del cielo" che arrivava nel mio piccolo paese, Buonabitacolo, in provincia di Salerno.
I miei nonni erano abbonati addirittura dal primo numero, quello del 1884, mandato in stampa dal Beato Bartolo Longo, e oltre ai compiti di scuola, mi facevano sempre leggere e meditare la rivista.
Tuttora la ricevo e io faccio altrettanto con i miei nipoti. Purtroppo la mia salute non mi dà la possibilità di venire a Pompei, ma i miei nipoti pregano sempre per me nel Santuario della Madonna del Monte Carmelo, a Buonabitacolo.
Qui è custodita una sacra immagine della Vergine Santa di Pompei, che protegge tutto il Vallo di Diano.
Che Dio vi benedica!

(Anna Speranza - Roma)

*Bernardo Vitiello: "Prima di andare in Cielo, papà mi affidò alla Madonna"

Bernardo Vitiello è stato accolto nel Centro Bartolo Longo dal 1962 al 1977. Vi entrò quando aveva solo cinque anni, insieme al fratello Vincenzo, alla morte del papà. Oggi è uno dei dipendenti del Santuario e non comincia mai la sua giornata senza pregare dinanzi al trono della Madonna e alle spoglie del Beato.
La sua è una preghiera di gratitudine e di riconoscenza per quegli anni dedicati allo studio e alla crescita umana e spirituale. Ecco il racconto della sua esperienza.

Bernardo Vitiello è una vera e propria istituzione in Santuario per il suo ruolo indispensabile di factotum. Ogni mattina corre da un ufficio all’altro per avere le commissioni della giornata e poi, veloce, si reca alle poste, in banca, al comune per sbrigare tutte le pratiche necessarie.
Altre volte fa servizio alla portineria dell’Istituto Bartolo Longo o si mette a disposizione dei pellegrini per "guidare" l’ascensore che li porta in cima al campanile a godere lo spettacolo di un panorama meraviglioso che spazia fino a Capri. Si può dire che Bernardo sia nato in Santuario.
Aveva solo cinque anni quando il compianto Arcivescovo Aurelio Signora promise al papà Antonio, in punto di morte per un male incurabile, che si sarebbe preso cura del piccolo e di suo fratello Vincenzo.
La mamma Giuseppina, bracciante agricola, non sarebbe riuscita a garantire loro un buon futuro senza il sostegno del marito, scomparso a soli quarant’anni. Rimase a casa con lei Antonietta, la figlia più grande, mentre Bernardo e Vincenzo vennero accolti all’Istituto Bartolo Longo. Anni belli, fatti di giornate dedicate allo studio, ma anche al divertimento, che nell’idea pedagogica del Beato diventava un utile strumento di formazione. "Ricordo i saggi ginnici, che si tenevano il 15 maggio di ogni anno – ci dice Bernardo – ma anche le partite a pallone e le gite fuoriporta, in particolare a Roma, dove risiedevamo all’Istituto Villa Flaminia, casa generalizia dei Fratelli delle Scuole Cristiane".
E poi l’esperienza nel Complesso bandistico "Bartolo Longo", una costante nei curriculum degli studenti. "Dal 1971 ne ho fatto parte anch’io – dice ancora – e ho continuato a suonare il trombone fino al 1980, tre anni dopo l’uscita dall’Istituto.
Il ricordo più bello è legato alla beatificazione di Bartolo Longo del 26 ottobre 1980, quando suonammo in piazza San Pietro".
C’è un altro ricordo nella memoria dell’ex alunno, un fatto che all’epoca gli costò un dispiacere. Il 23 aprile 1965, il Quadro della Madonna di Pompei fu incoronato nella Basilica e Bernardo, unico pompeiano in una classe di trentanove ragazzi, teneva a portare lui quella corona che poi Papa Paolo VI avrebbe posto sul capo della Vergine.
Quel ruolo d’onore toccò invece a Gerardo Vitagliano. Vedendolo dispiaciuto, uno dei religiosi che li avevano accompagnato, Fra Ubaldo, gli consentì di passare avanti tanto che, nel film-documento
che fu girato come attestazione storica, Bernardo è ben visibile, in prima fila. A quel tempo aveva otto anni e ne passerà ancora dodici nell’Istituto, dove resterà fino al 1977.
Il fratello Vincenzo, più grande di quattro anni, si congederà prima, nel 1972, e comincerà subito a lavorare nella tipografia fondata da Bartolo Longo. A quei tempi, oltre a "Il Rosario e la Nuova Pompei", vi si stampava anche "Avvenire".
"All’Istituto – prosegue nel raccontare – ho ricevuto un’educazione severa, ma ho imparato a vivere da buon cristiano e da buon cittadino. Abbiamo avuto grandi educatori. Ricordo Fratel Tullio Crocicchia, Fratel Pasquale Sorge, Fratel Francesco Adamini, Fratel Rocco Edelmann, ma anche Suor Maria Celina Recce e Suor Maria Ersilia Tambasco che gestivano l’asilo attiguo alla chiesa di san Michele, nella frazione di Cattori, a Torre Annunziata. Ringrazio quegli educatori.

Ho trasmesso i valori che mi hanno impartito ai miei figli Giuseppina, Antonio e Giovanna, la quale mi ha anche dato la gioia di diventare nonno di Raffaele, che ora ha venti mesi, e di Bernardo, che ha solo un mese".
Entrare al "Bartolo Longo" non significava perdere i rapporti con la famiglia d’origina. "Mia madre veniva a prendermi ogni domenica così che potessimo trascorrere la giornata con lei. Anche d’estate passavamo un mese all’Istituto, ma tornavano a casa da luglio fino al 25 dicembre.
A quel tempo la scuola cominciava il 1° ottobre. La mamma era felice che potessimo formarci in quell’Istituto tecnico industriale, la scuola di Bartolo Longo". "Questi amici – ricorda con nostalgia -  ho conosciuto all’Istituto.
Avevo buoni rapporti con tutti e oggi, grazie a facebook, sono riuscito a recuperare molti contatti. Ma, oltre agli amici, avevo un padre speciale. L’Arcivescovo Signora, nonostante tutti i
suoi impegni, veniva spesso a chiedere di me. S’informava, si preoccupava di ogni ragazzo". Bernardo, accolto all’Istituto nel 1962, ne uscì nel 1977 quando trovò lavoro come operaio in una fabbrica di polistirolo, che chiuse nel 1986, proprio l’anno del suo matrimonio con l’amata Maria Luisa. Ma la Madonna non si dimenticò di lui e della sua giovane famiglia.

Nel 1990 fu assunto in Santuario. "Ogni mattina – conclude – prima che cominci la mia giornata di lavoro, ho due "appuntamenti" fissi: nella cappella Bartolo Longo, dove rivolgo la mia preghiera al Beato, e sotto l’altare della Vergine del Rosario per pregare Maria santissima.
E sono proprio felice di essere riuscito a trasmettere questa profonda devozione anche ai miei figli".

(Autore: Michele Cantisani)

*Da ottant'anni sotto la protezione della Madonna del Rosario

Lo scorso 27 giugno nostra madre, Annamaria Aiello, ha compiuto 80 anni, Noi, suoi cinque figli, assieme ai dodici nipoti, abbiamo voluto ringraziare Dio per avercela donata e conservata finora con la celebrazione di una santa Messa.
È stato un bel momento di unità familiare. Al termine della festa per questo suoi importante compleanno, come ricordo dell’occasione, ha voluto donare a tutti gli intervenuti una corona del Rosario.
Lei, infatti, è molto devota alla Madonna di Pompei, recita tutti i giorni il santo Rosario e segue assiduamente tutte le celebrazioni trasmesse dal vostro bellissimo Santuario su Tv2000.
Fin da bambina veniva a Pompei assieme ai suoi genitori, cole testimonia questa foto che la ritrae a pochi mesi, davanti al Santuario durante i lavori di ampliamento degli anni trenta del XX secolo. Abbiamo scritto questa lettera per condividere con tutti voi la nostra gioia e per affidarla, ancora una volta, alla vergine del Santo Rosario di Pompei.

(Famiglia Somma Aiello)

*Giuseppe Gaetani guarì per intercessione di Santa Cecilia

La devozione per la Patrona della musica
Il Beato Bartolo Longo raccontò il prodigio, avvenuto a Gallico, in provincia di Reggio Calabria, in un libro dedicato alla Vergine e Martire, molto venerata anche dai devoti della Madonna di Pompei. Lo stesso Fondatore aveva conosciuto il medico guarito.
I l Beato Bartolo Longo scrisse, nel suo volume “La Vergine Romana S. Cecilia-Fiori di virtù colti dagli atti del suo martirio” (ebbe sei edizioni, l’ultima nel 1920), della guarigione miracolosa di Giuseppe Gaetani per intercessione di Santa Cecilia e della diffusione del suo culto a Reggio Calabria e a Napoli. Lo stesso Beato aveva conosciuto Gaetani a Napoli, nel 1869.
Il fatto
La comunità di Gallico Marina (Reggio Calabria), nel passato costituita perlopiù da marinai, è sempre stata intensamente devota alla Madonna di Porto Salvo, ma nel contempo aveva il culto di alcuni santi come Sant’Andrea Apostolo, San Nicola di Bari, Sant’Antonio di Padova, considerati “compatroni-protettori” dei marinai. Negli anni ‘60 dell’Ottocento una nuova devozione fu introdotta nel borgo marinaro di Gallico in seguito all’avvenuta guarigione, ritenuta miracolosa per intercessione di Santa Cecilia, martire romana, di un giovane medico gallicese, Giuseppe Gaetani, figlio di Filippo e di Domitilla Cumbo. Il giovane era affetto, fin dalla nascita, da acuti attacchi epilettici che l’11 gennaio 1867 si acuirono così tanto da portarlo ad uno stato di pre-agonia. Fu proprio in questa circostanza che la sorella Raffaela, donna di grande fede, rivolse una fiduciosa e ardente preghiera a Santa Cecilia la cui devota immagine, da vari anni, era esposta in casa Gaetani, per chiedere la guarigione del fratello Giuseppe. Il quadro, copia in stampa di un dipinto del pittore francesce Constant Joseph Brochart, era stato comprato a Napoli da Giuseppe Gaetani nel negozio di stampe di Giuseppe Tipaldi, in via Monteoliveto 51 (come scrive il Beato Bartolo Longo nel suo volume). Sembra che, dopo l’ardente preghiera di Raffaela Gaetani, il fratello superò la fase acuta della sua grave crisi epilettica e i parenti, tirando un sospiro di sollievo, poterono riabbracciarlo vivo e sano.
Si estende la devozione alla Santa
Dopo la suddetta guarigione, fiorì a Gallico il culto alla Santa Martire che si propagò anche a Reggio Calabria, favorito in particolare, dal sacerdote napoletano Gennaro Maria De Curtis, «educatore ed istruttore di chierici, predicatore in tutte le chiese e confessore di tutte le classi retrive». Anche i fratelli sacerdoti, canonici della cattedrale, Felice e Demetrio Andiloro, vollero, come il De Curtis, diffondere e promuovere nella città di Reggio il culto di Santa Cecilia. Inoltre, a Napoli, per iniziativa della famiglia Gaetani e di altri devoti, si riaccese la devozione alla Santa patrona della musica, nella parrocchia di Montesanto, in quella di Santa Brigida, nella chiesa delle Perpetue adoratrici e in quella di San Carlo all’Arena. Un testo sulla vita di Santa Cecilia che contiene in appendice il racconto della guarigione miracolosa di Giuseppe Gaetani, per intercessione della Vergine romana, fu pubblicato in Napoli nel 1870, dal padre scolopio Venceslao Profilo: “Vita di S. Cecilia-Sposa, Vergine e Martire”. Nell’archivio diocesano di Reggio Calabria-Bova non esiste alcun documento relativo a indagini o processi ordinati dall’autorità ecclesiastica per accertare l’origine soprannaturale della guarigione del Gaetani e di altri fedeli di Gallico Marina, per intercessione di Santa Cecilia, e non si conosce un pronunciamento ufficiale della Curia reggina in merito. Si sa comunque che, dal 1867 in poi, su iniziativa del parroco di Gallico Marina, don Angelo De Caridi senior, tutti gli anni si celebrava un solenne novenario in preparazione alla festa del 22 novembre al quale intervenivano illustri sacerdoti reggini chiamati a predicare, confessare e celebrare la Santa Messa. Il periodo storico nel quale avvenne il supposto “miracolo” fu caratterizzato da un’accesa ostilità tra il neo Stato italiano e la Santa Sede. È bene ricordare che il 15 agosto 1867, proprio l’anno della vicenda del Gaetani, lo Stato italiano votò le cosiddette “Leggi eversive” che prevedevano la soppressione degli ordini religiosi e la confisca dei loro beni, ancorché la soppressione di numerose chiese non parrocchiali. Molti furono inoltre i vescovi che, per il loro passato filo-borbonico, subirono l’esilio o furono incarcerati.
Longo la definì “guerriera della Fede”
Il miracolo di Giuseppe Gaetani operato da Santa Cecilia, esempio di vita cristiana che pur di non rinnegare la propria fede sacrificò la sua stessa giovane vita, fu enfatizzato dalla Chiesa reggina in una dura contrapposizione con il neo Stato italiano anticlericale dell’epoca, in modo da esaltare i valori religiosi e la dimensione spirituale dell’uomo e suscitare gli animi dei credenti. L’Avvocato Bartolo Longo, nelle bozze di un suo testo del 1874 su Santa Cecilia e sulla guarigione “miracolosa” del Gaetani (“Il miracolo del dott. Gaetani”, 7 novembre 1874), scrisse: «… In epoca di oppressione della Chiesa nel giro di pochi anni il Signore ha voluto ridestare nell’Italia nostra la Fede abbattuta per opera degli stessi suoi figliuoli. In Milano si scoprono le ossa del glorioso Dottore della chiesa di Sant’Ambrogio e dei Santi Martiri fratelli Gervasio e Protasio; e in Soriano di Calabria una statua del Patriarca San Domenico predica coi gesti per due ore ad oltre duemila persone tratte a quella chiesa. E l’inclita Vergine Cecilia anch’essa si mostra a richiamare coi prodigi i freddi Cattolici, quasi antica guerriera della Fede che scossa la polvere neghittosa dei suoi monumenti, compie novelle imprese per ridestare dall’ignavia i seguaci di Gesù Cristo».
Il quadro e le reliquie della Santa a Gallico
Giuseppe Gaetani dopo il 1867, rientrò a Napoli dove esercitò brillantemente la professione di medico-chirurgo, si sposò con la nobile Francesca Jaselli dalla quale ebbe tre figli, due dei quali, Francesco e Federico divennero Padri della Compagnia di Gesù ed una terza, suor Cecilia, carmelitana scalza (cfr. Padre Raffaele Di Donato, “Elogio funebre del dott. G. Gaetani”). Dopo la guarigione, G. Gaetani: «…bramava delle reliquie della Santa e fin dal gennaio del 1868 si rivolse all’eccellentissimo Monsignore D. Mariano Ricciardi arcivescovo di Reggio chiedendogliene alcuna e ne ottenne dall’illustre prelato una del velo. Accompagnata da una lettera di congratulazione insieme e d’incoraggiamento pel culto della nostra Santa. Insistendo sempre più presso altre insigni persone, ottenne da Roma non solo un frammento di tela imbevuta del virgineo sangue di S. Cecilia ma altresì (cosa rarissima) due schegge ossee dell’occipite della Santa» (cfr. Padre Venceslao Profilo, “Vita di S. Cecilia. Sposa, Vergine e Martire”). Nel marzo 1918, il quadro di Santa Cecilia, insieme alle reliquie custodite in ricco scaffale, furono donati, dalla signorina Raffaela Gaetani, sorella del dott. G. Gaetani e presidente della Pia Unione delle Figlie di Maria, alla Chiesa parrocchiale S. Maria di Porto Salvo di Gallico Marina, ove vi rimasero fino agli anni ‘60.
L’immagine di Santa Cecilia
L’immagine di Santa Cecilia in Santuario Il quadro di Santa Cecilia venerato a Gallico che ripro duce in stampa un dipinto del Brochart (come scritto sopra) fu riprodotto, per volere del Beato Bartolo Longo, dal pittore Vincenzo Paliotti (Roma 1831 - Napoli 1894) sotto il cielo della magnifica cantoria che sostiene il grande organo orchestrale nel Santuario di Pompei.
(Autore: di Domenico Mazzù)

*In moto a Pompei sessant'anni fa

Le invio una vecchia foto che mi ritrae, piccolissima, avrò avuto due anni, tra mamma e papà all'ingresso del Santuario di Pompei.
Questa foto testimonia il grande amore verso la Vergine del Rosario di Pompei dei miei genitori da tantissimi anni.
Io oggi di anni ne ho 62 e ricevo sempre la bellissima rivista del Santuario intestata a mio figlio Galasso Antonio Rosario.
Sarei immensamente felice di vedere questa foto sul Vostro giornale. Mio padre non c’è più da quasi 30 anni, ma sarebbe un bellissimo regalo per mia madre, grande devota alla Mamma di Pompei.

Michelina Buono Galasso

*La Società della Madonna del Rosario di Pompei a Painesville

Cari amici, invio un’offerta raccolta nel nostro Gruppo di preghiera dedicato alla Madonna di Pompei a Painesville, Ohio. Questa tradizione continua dal 1920, quando un piccolo gruppo di fedeli, guidati da Giacomo Palumbo, il mio bisnonno, cominciò a raccogliere offerte tra gli italiani per l’Orfanotrofio di Pompei ogni 8 maggio. Le inviava a sua sorella Anna, Suora Domenicana a Pompei col nome di Lucia.
Quest’ultima, nel 1929, inviò al fratello Giacomo una grande tela della Madonna di Pompei, e solo tre anni dopo il mio bisnonno e altri amici fondarono "La Società della Madonna del Rosario di Pompei" nella chiesa di St. Mary a Painesville, per promuovere la devozione alla Madonna e la recita del Rosario. Ancora oggi il quadro, che si trova a casa mia, a maggio viene portato nella chiesa di St. Mary per la celebrazione annuale.
Una parte dell’offerta è per il materiale in inglese che ci avete inviato e per le spese sostenute. Tutto è stato ricevuto in tempo per la festa. Ho fatto delle copie a colori della benedizione del Vescovo, le ho fatte incorniciare e le ho date a ciascun membro del Gruppo per la loro casa.
Sono stati molto felici di riceverla. La maggior parte di loro non è mai stata a Pompei e sperano
di venire un giorno. Allego richieste di preghiera dei fedeli da mettere ai piedi della Madonna. Il gruppo si riunisce ogni martedì mattina per due ore di preghiera.
C’è anche una dolce anziana signora di 88 anni che per me è come una madre adottiva, perché si è presa cura di me. Sette anni fa, quando misi in vendita la casa a Chesterland e comprarne una qui, a Mayfield Heights, mi sono ritrovata senza dimora per quasi due mesi: la mia era stata venduta velocemente e la nuova non era pronta quando ho dovuto traslocare.
Quella cara amica mi ha ospitato per tutto il tempo senza chiedermi niente. Ringraziamo di cuore il Santuario per aver fatto sentire importante il nostro piccolo gruppo. Negli ultimi anni le nostre parrocchie sono state molto attive nel promuovere l’autogestione. Ci sforziamo di imparare e insegnare come offrire il nostro aiuto in "tempo, talento e gestione".
Porto la Santa Eucarestia a un gruppo di anziani una volta al mese e quando parlo loro delle attività del Gruppo si rammaricano di non poter dare o fare qualcosa. Allora li rassicuriamo dicendo che fanno la cosa più importante: dire il Rosario. Alcuni giorni sono così occupata che non riesco a dire il Rosario e ho bisogno che loro lo facciano per me e per tutti coloro che non hanno il tempo.
Preghiamo per tutti coloro che collaborano nel Santuario.

(Kathy Palumbo Bowers - Mayfield Heights (Ohio) – USA)

*Lettera del 1938 nascosta in un quadretto

Una devota del Santuario, M.T.D., ha acquistato al mercato romano di Porta Portese, un quadretto tondo che riporta l’immagine della Madonna di Pompei. Quasi per caso, aprendo il fondo della cornice, ha ritrovato una lettera datata 1938 in cui una donna, con tanti problemi di salute, scriveva alla Prelatura della Città mariana per testimoniare tutto il suo profondo amore per la Vergine. Riportiamo integralmente il testo della lettera di 84 anni fa. Non sappiamo null’altro della missiva, ma siamo certi che la Madonna ha ascoltato quell'invocazione d’aiuto.

Mi permettete rivolgermi alla loro caritatevole benevolenza per domandare un grande favore. Sono tanto devota alla Santissima Vergine di Pompei e questa devozione risale a parecchi anni addietro e mi fu insegnata dalla mia povera mamma, la quale ricorreva alla Madonna del Rosario in tutte le sue necessità temporali e spirituali. Sono anche iscritta al Rosario perpetuo e all’Ora di guardia della Madonna del Rosario.
Nutro quindi ferma fiducia nell’aiuto misericordioso di una Regina si potente, che non vorrà rimanere insensibile alle preghiere e ai voti di una sua figliuola devota, per quanto indegna essa sia. Tengo quindi a spiegare il motivo urgente di questa mia lettera. Da parecchi anni sono sofferente per un forte deperimento organico che, unito a molteplici disturbi causati dall’artritismo, mi rendono inabile al lavoro. Sono insegnante e dovrei riprendere servizio tra pochi giorni, ma mi mancano le forze.
Per quante cure abbia praticate da anni, per quanti medici abbia consultati, ancora non posso sentire un beneficio stabile e rassicurante sulle condizioni della mia salute. Anzi, dirò che in questi ultimi giorni, non so per quali cause, mentre credevo in un miglioramento che mi faceva sperare di ritornare sicura al mio lavoro, ho fatto un’altra volta un regresso. Soffrendo delle terribili nevralgie alla testa che mi proibiscono di agire, costringendomi a casa e privandomi del sollievo di recarmi in Chiesa per ascoltare la Messa e fare le mie devozioni. Non ho perduto per questo la mia fede, anzi posso dire di averla raddoppiata nel dolore ed ho fatto ripetutamente le tre Novene alla Santissima Vergine di Pompei con la recita dell’intero Rosario quotidiano.
Nel passato quando le mie forze me lo consentivano, ho praticato varie volte la devozione dei Quindici Sabati.
Questa mattina, in una crisi nevralgica, che mi ha fatto spasimare la testa, in preda ad atroci sofferenze, ho recitato mentalmente la Novena alla Santissima Vergine di Pompei e mi è venuta quest’ispirazione: perché non scrivo al
Santuario di Pompei e mi raccomando alle preghiere delle orfanelle? Esse sono anime innocenti e quindi meglio ascoltate, uniranno le loro alle mie preghiere e la Santissima Vergine le ascolterà certamente. Debbo aggiungere che io vivo con tre persone di età avanzatissima (il babbo e due vecchie zie), che vanno dagli ottanta agli ottantotto anni. Ho quindi tanto bisogno della salute, per assistere e confortare essi poveri vecchi e per poter lavorare, giacché io sono il loro sostegno materiale e morale. Ho tanta fiducia che la Madonna non vorrà negarmi la grazia che domando. Domani stesso io spedirò, a mezzo di vaglia, l’offerta di Lire 30 (trenta) che mando alle Orfanelle, affinché facciano, al più presto possibile, un triduo di preghiere alla Santissima
Vergine di Pompei, secondo le mie intenzioni.
Vorrei offrire di più, ma per ora non posso. Dichiaro però di aver fatto il voto seguente: se io ricupererò la salute perduta, prometto di venire di persona al
Santuario di Pompei, per ringraziare la Santissima Vergine: offrirò a Lei un bracciale di cinque fili d’oro (che rappresentano per me un caro ricordo), che non ho più messo dal mese di maggio scorso, appunto perché già offerto spiritualmente alla Madonna. Farò poi un’altra offerta in denaro, secondo le mie disponibilità. Vogliano perdonare questo sfogo dell’anima, ma sono sicura che le Orfanelle pregheranno subito per me la Santissima Vergine e che saranno ascoltate fin da questo momento.
Prometto che farò pubblicare la grazia, non appena la Madonna vorrà consolarmi, intanto seguiterò a pregarLa con fede.
Prego darmi un breve cenno di ricevuta e di rassicurazione. Intanto ringrazio ed ossequio distintamente.

*Lettera ritrovata in un abito da sposa

Il "Laboratorio degli abiti da sposa" è una preziosa Opera di carità del Santuario di Pompei. In questo vero e proprio “Atelier”, le spose portano in dono l’abito di nozze, che le nostre sarte provvedono a lavare, rinnovare e impreziosire con dedizione e maestria. E così, proprio nel Laboratorio, altre spose potranno trovare l’abito giusto per il giorno del “sì”, senza spendere cifre da capogiro. Tra l’altro, se una ragazza lo desidera, con l’assistenza delle esperte addette, l’abito può anche essere modificato e arricchito con nuove stoffe o dettagli scelti dalla futura sposa.

La creatività e la fantasia che anima il laboratorio è a disposizione di chi si affaccia ad ammirare i suoi stand ricchi di abiti. Donare ed acquistare un abito da sposa è un atto di grande generosità non solo perché tante giovani spose non potrebbero altrimenti indossare un abito che rispecchi i loro desideri ma, soprattutto, perché ciò significa regalare una speranza e un futuro ai tanti bambini e ragazzi e alle numerose giovani mamme che vengono accolti nelle Opere di carità del Santuario.
Tutto ciò che viene donato al Santuario, contribuisce alla costruzione di una vita più serena e piena di luce per tutti loro.
Tra le benefattrici v’è anche una devota anonima di Napoli, che ha lasciato, nella tasca del suo abito, una missiva scritta a colei che indosserà quel vestito nel giorno del matrimonio. È un inno alla famiglia benedetta da Dio, ma anche alla fraterna condivisione dei doni del Padre. Ecco la lettera.
È l’11 giugno 2016. Oggi festeggio sette anni di matrimonio, sette anni di amore consacrato innanzi a Dio Voglio con-dividere quest’amore con te, che indosserai il mio abito da sposa. Non so dirti perché non abbia donato prima questo vestito.
So solo che ho pregato la Madonna di illuminarmi su quando e dove lasciarlo in dono. Così, un sabato mattina di maggio 2016, durante il “Buongiorno a Maria”, mentre ero raccolta in preghiera dinanzi alla Madonna di Pompei, ho sentito che una fiamma fervente d’amore bruciava il mio cuore.
In quel momento, ho promesso che sarei ritornata nel giorno del mio anniversario per donare l’abito, che da questo momento sarà il tuo vestito da sposa. Voglio condividere con te quest’amore e credimi se ti dico che sono felice di vederti sorridere. T’immagino arrivare all'altare radiosa. Quel giorno sarò con te perché il mio cuore e il mio amore saranno una sola cosa con la tua gioia.
Pregherò per te, “sorellina mia”, perché il Signore ti benedica e renda feconda la tua famiglia. Ti auguro tutto il bene e l’amore del mondo e, anche se, forse, nella vita non c’incontreremo mai, anche se non potrò darti un nome o un volto, so di amarti e so che avevi bisogno di sentire quest’amore. Saremo sempre unite nell’amore di Dio e nella preghiera reciproca.
Una devota di Napoli.
(Autore: Katia Di Ruocco)

*Mamma e papà, sposi a Pompei nel 1949

Da figlia e devota della Santa Vergine del Rosario di Pompei, scrivo questa bella testimonianza per manifestare l’amore, la gioia e la fede di tutta la mia famiglia per la Mamma celeste.
I miei genitori, Salvatore e Maria, hanno consacrato il loro matrimonio all'Altare maggiore della Basilica il 3 ottobre 1949. Entrambi avevano una grande fede e devozione a Maria Santissima e, nonostante le difficoltà del dopoguerra, hanno voluto celebrare le loro nozze ponendole sotto la protezione della Vergine del Rosario, che li ha sempre accompagnati intercedendo per loro presso la Provvidenza divina.
Quest’amore per la Madonna è stato trasmesso anche a noi figli sin dalla tenera età. Siamo stati affidati alla sua protezione per tutti i nostri bisogni spirituali e materiali. Le foto che invio sono un ricordo del matrimonio di mamma e papà a distanza di 72 anni.
Marianna De Martino - Napoli

*Pellegrinaggio del Venerabile Bruno Marchesini

Una breve lettera di un sacerdote, che ricorda l’amore per la Madonna di un suo compagno, il seminarista Bruno Marchesini, nato a Bagno di Piano l’8 agosto
1915 e scomparso a Bologna, per una grave e improvvisa malattia, il 29 luglio 1938. Non aveva ancora compiuto ventitré anni. Accolse la sofferenza con amore, nella totale accettazione della
volontà di Dio. Scriveva, nel suo diario, l’11 maggio 1938:
«Vergine Santa, in questo mese di maggio, vi prometto di volervi onorare ogni giorno della mia vita, mattina e sera, con la pia e attenta recita delle preghiere della
Concezione. A voi umilmente domando di accettare questo piccolo segno di filiale amore, e di darmi voi la grazia che tale recita sia per me fonte felice di benedizioni vostre su tutta la mia vita. Mater mea, Fiducia mea». Pronuncerà quest’ultima orazione latina anche nel momento della morte. Del chierico Bruno Marchesini è in corso la causa di beatificazione. Il venerabile Bruno Marchesini fu pellegrino, insieme ai suoi compagni di seminario, al Santuario della Beata Vergine di Pompei.
Era l’ottobre del 1934, nei giorni del suo passaggio dal seminario minore al seminario maggiore di Roma. Il sottoscritto, compagno del venerabile, ricorda bene questo fatto. Nei suoi scritti, non si ritrova nessun cenno a questa visita, ma ne ho ben presente la tenera e vitale devozione a Maria Santissima. Il venerabile ci ottenga una pietà sempre più intensa e generosa nella recita del Santo Rosario.

(Don Giovanni Battista Proja – Roma)

*Quella moneta di cinque dollari donata alla Madonna

La storia che sto per raccontare è vera e i fatti accaduti sono esattamente come io li ricordo. Gina è mia madre. La sua storia ha inizio con il suo sogno di partire per gli Stati Uniti d’America per riunirsi con sua madre, Teresa Caliguri Ros, che era partita nel 1925 per ricongiungersi con il marito John (mio nonno) e per contribuire all’acquisto del biglietto di sola andata negli Stati Uniti dei loro 4 bambini rimasti in Italia: Germanico, Gina, Joseph e David, i quali poterono riabbracciare i genitori nel 1935, quando approdarono sul suolo americano. Per 10 lunghi anni i miei nonni avevano lavorato per poter portare i loro figli negli Stati Uniti e, sebbene inviassero regolarmente denaro in Italia per il loro sostentamento, questi erano costretti a mendicare per le strade da chi ne aveva la custodia.
Nel 1935, mia madre Gina e suoi fratelli arrivarono in America: era il 19 marzo, festa di San Giuseppe, e così, dopo anni di sofferenze il sogno americano di madre ebbe inizio. Si iscrisse ad una "scuola serale" per imparare l’inglese e lavorò sodo per realizzare tutto ciò che le era stato negato in Italia. S’innamorò della gigantesca America, di Chicago con la sua Downtown Loop area e il Lincoln Park. Ma solo sei mesi dopo il suo sogno fu spazzato via in un attimo.
A settembre di quello stesso anno, nel giorno del Labor Day, fu coinvolta in un tragico incidente automobilistico: si trovava in macchina con la madre e un’amica e un urto la sbalzò fuori, proprio
mentre sopraggiungeva un’altra auto che la trascinò per quasi un chilometro. Riportò ferite gravissime, e fu trasportata in pericolo di vita al Cook County Hospital di Chicago. La gamba sinistra e il viso erano distrutti.
I chirurghi ritenevano necessaria l’amputazione della gamba, ma uno di essi volle tentare di salvarla con l’applicazione di bulloni e dadi di ferro per immobilizzare le ossa. Anche così, la diagnosi fu terribile: mia madre non sarebbe stata mai più in grado di camminare senza tutori ortopedici e stampelle. Anche il suo viso era ormai sfigurato. Le fu detto chiaramente che sarebbe rimasta invalida per il resto della sua vita. Allora non esisteva la terapia fisioterapica, per cui mia madre rimase a letto per un anno, amorevolmente curata da sua madre Teresa. Durante quel lungo periodo il legame tra mia madre e mia nonna si fortificò sempre di più e sono rimaste unite per tutta la vita. Nel frattempo altre delusioni si delineavano all’orizzonte. In Italia aveva lasciato il suo primo amore, Antonio Zuccato, e le fu riferito che il suo innamorato non voleva saperne più di lei perché ormai invalida. Quando riuscì a fare a meno delle stampelle e dei tutori, con i tratti del viso ancora segnati dalle cicatrici e pochi denti rimasti, tra il 1936 e il 1937, mia madre tornò in Italia per incontrare Antonio e mostrargli quello che ormai era.
Con nostra eterna gratitudine, lui le confermò che il suo amore era rimasto immutato e quanto le era stato riportato circa i suoi sentimenti e le sue decisioni era falso. Si sposarono in Italia nel 1937, e successivamente si stabilirono negli Stati Uniti. Nel 1952, con i tre figli, Dea, Norma ed io, Giovanni, tornarono in Italia per ringraziare Sant’Antonio di Padova e la Madonna di Pompei per le grazie ricevute: per tutta la durata della sua convalescenza mia madre non aveva mai smesso di pregare per la realizzazione del suo sogno.
E fu esaudita. Depose i "tutori di ferro e le stampelle di legno" ai piedi della Madonna di Pompei. L’incidente di cui fu vittima era stata causato da un ubriaco al volante, il quale, mentre mia madre lottava tra la vita e la morte, aveva fatto trasferire i suoi beni ad altro intestatario, per non dover risarcire la somma che il giudice sicuramente avrebbe assegnato a mia madre. E infatti ella non ricevette mai i diecimila dollari stabiliti per lei dalla Corte perché, "il guidatore ubriaco non possedeva nulla". Non voglio commentare ulteriormente questo triste evento, basti dire che furono messe in atto procedure fraudolente e contrarie all’etica. L’unico compenso ricevuto da mia madre fu una moneta d’oro da cinque dollari che ella custodì sempre come una reliquia, non per il suo valore in denaro ma per quanto essa significava. Stupidamente, poco più che adolescente, presi di nascosto quella moneta e la spesi peccaminosamente.
Dopo molti anni, nel 1980, con un senso di colpa profondo ho comprato una moneta dello stesso valore per sostituire l’altra. Sono cuore di mia madre, e anche se rimisi la moneta al suo posto, feci una cosa imperdonabile. Nonostante tutto, nel 1990 mia madre ha voluto regalare proprio a me quella moneta: nessun amore è più grande di quello di una madre per suo figlio. Nel corso degli anni, mi sono considerato per questo il figlio preferito. Mia madre è morta nel 2010, a quasi 95 anni, ed io non sono mai riuscito a capire davvero quanto mia madre fosse una donna speciale.
Ora voglio donare quella moneta alla Madonna di Pompei, di cui mamma era devotissima, e per anni è stata vostra benefattrice. Il "sogno di Gina" si è avverato per l’amore e la fede che lei aveva nella Madonna di Pompei.

(John Zuccato - Mokena (Illinois) – USA)

*Sposi in Santuario 58 anni fa

Adua Fabbo - Medford (Massachusetts) – Usa
Io e mio marito Ciriaco ci siamo sposati, nel 1965, proprio nel Santuario di Pompei davanti al Quadro della Madonna. Il 27 febbraio 2023 abbiamo festeggiato cinquantotto anni di matrimonio e di gioia: abbiamo quattro figli sposati e tredici nipoti, nove maschi e quattro femmine. Sono la nostra felicità.
Negli anni io sono tornata quattro volte in Italia, nel nostro paese d’origine, Torre Le Nocelle, in provincia di Avellino, e non abbiamo mai mancato la visita a Pompei partecipando alla Messa e comprando tanti ricordini. Prego mattina e sera anche perché mio marito non sta bene e la Madonna me lo deve guardare.

*Ultima lettera a Maria di una ex alunna

Scrivo per mia nonna le parole che mi ha dettato. La sua fede incrollabile nella Madonna di Pompei le ha permesso di vivere in serenità. Mia nonna è morta il 29 luglio 2015, era malata di cancro da 4 mesi, ma non lo sapeva, abbiamo scelto di non dirglielo per non inquietarla. Questa brutta malattia mi ha portato via l’amore più grande della mia vita.
Ha scritto spesso a Maria e la pregava ogni giorno: non ho mai conosciuto una persona con una fede tanto grande. Ora sono io che vi scrivo, con i miei 25 anni, e non è la prima volta! Verso la fine non aveva più la forza di pregare e soffriva per non poterlo fare. Allora le ho detto che se voleva mandare una lettera alla Madonna l’avrei scritta per lei. Ed ho aspettato fino ad ora per spedirla perché non riuscivo a leggere quelle parole senza pensare che non era più con me. Lascio ora il posto alle parole di mia nonna, alla sua fede.
Questo è il contenuto della lettera che mi ha dettato: "Madonnina Santa di Pompei, ti scrivo per
chiederti ancora una grazia, tu che me ne hai già fatte tante. Quando il dottore mi disse che avevo problemi all'utero e che non avrei potuto avere figli, scrissi con fede al Santuario di Pompei per chiedere preghiere. Non potete immaginare la mia gioia quando seppi di essere incinta, e il dottore restò senza parole. Non ho mai smesso di pregare. Mai la Madonna Santa di Pompei mi ha chiamato senza che io le rispondessi.
E lei pure mi ha risposto ogni volta che Le ho chiesto una grazia. Ti ringrazio per tutto, sei nel mio cuore da sempre. A 15 anni già pregavo il Rosario con profonda devozione. Ora ti prego di aiutare questa mia nipotina, perché ne ha bisogno. Te lo chiedo con tutto il cuore. Madonnina mia, non ci abbandonare e prega per noi". L’ultima preghiera che abbiamo fatto insieme è stata la Novena alla Madonna di Pompei, che io non conoscevo.
Gliel’ho fatta ascoltare da un video su internet e lei per un momento ha aperto gli occhi, ha sorriso, e a quel punto l’ho rassicurata che poteva andarsene tranquilla, che sarebbe stata sempre la mia stellina, il mio angelo e il mio grande amore. Forse aspettava proprio queste mie parole, che io fossi pronta a lasciarla andare, non saprei, fatto sta che è morta durante la notte. Questa donna, questa madre, questa nonna era una persona eccezionale.
C’è un grande vuoto nella nostra vita e nei nostri cuori, ma sappiamo che ci protegge da lassù! Grazie, Madonnina, per averle dato tante gioie e ora accoglila con tutto l’amore che merita.

(Yolande e Aurora Balsano - La Ciotat – Francia)

*Un amore lungo 50 anni

Egregio Direttore, sembra ieri che, proprio in questa chiesa della Madonna di Pompei, io e mio marito ci siamo uniti per tutta la vita.
Siamo tanto contenti di annunciare che stiamo per celebrare il nostro 50° anniversario di Matrimonio.
Vi inviamo una fotografia scattata davanti al Santuario di Pompei nel lontano 1 dicembre 1960.
Vi mandiamo anche un’offerta per celebrare una Santa Messa all’Altare della Madonna in quel giorno.
Ringraziamo il Signore e la Madonna per l’aiuto e la protezione che in tutti questi anni hanno elargito a noi, ai nostri figli e alle loro famiglie.
Distinti saluti.

(Antonietta e Alfonso De Lauri - Montreal – Canada)

*Una cartolina dal fronte

Nel settembre 1918, Mario Di Bartolo, combattente sul fronte veneto, riceve una lettera della mamma. Su un lato gli auguri per l’imminente onomastico, sull'altro un’immagine della madonna di Pompei.
Ora un nipote del soldato invia quel documento che racconta la devozione a Maria, cui ci si affidava negli anni tragici della Prima Guerra Mondiale.
É il 3 settembre 1918, nel corso della prima Guerra mondiale, quando Mario Di Bartolo, un giovane militare, classe 1899, combatte sul versante veneto in servizio nel Comando 6 Armata Ufficio Lavori. Ed è proprio al fronte che riceve gli auguri della mamma Giuseppina a pochi giorni dalla ricorrenza della Natività di Maria.
La donna la inviò al ragazzo su una cartolina che ritraeva un’immagine della Madonna di Pompei:
"Caro Figlio – gli scrisse – ricorrendo il tuo onomastico ti auguriamo passarlo in pazienza fra i tuoi compagni.
Ti ho spedito un vaglia di lire 25, però lire 5 te li devi spendere il giorno del tuo onomastico.
Benedizioni e baci affettuosi, tua madre Giuseppina Santonocito, Catania 3/9/1918". Era il promo onomastico che il figlio passava fuori casa, peraltro in guerra.
Al congedo, Mario riporterà quella cartolina a casa e la custodirà gelosamente, lasciandola ai suoi discendenti che la conservarono ancora come un’eredità della devozione mariana, passata da padre in figlio.
Ora riceviamo l’immagine di questa cartolina, insieme ad una lettera inviataci da salvatore Di Mauro, nipote del soldato.
"Mia nonna Giuseppina – racconta – ha indossato l’abito carmelitano, quotidianamente, per la promessa fatta alla Vergine se il figlio fosse tornato sano e salvo dalla guerra.
Io la guardavo con curiosità. E la Madonna le è sempre stata vicino come quando mio nonno Salvatore, in un cantiere edile, cadde da un ponteggio senza subire danni fisici.
Al ritorno a casa dal lavoro, conversando con mia nonna, le riferì l’accaduto e le propose di dare il nome della madonna del Carmelo alla figlia o al figlio che stava per nascere.
Nacque mia madre e la chiamò Carmela.
La devozione fu resa ancora più profonda dal conflitto quando mio zio, a soli diciassette anni e
mezzo, fu arruolato insieme ad altri 400 mila giovanissimi.
Un’intera generazione mandata in guerra dopo la battaglia di Caporetto del 24 Ottobre 1917.
Era il ragazzo di una famiglia meridionale dove non si batté ciglio, per amor patrio e senso del dovere, sul fatto che il figlio, giovanissimo, andasse a difendere fraternamente il suolo d’Italia in regioni lontane.
Le preghiere di mia nonna intessevano ogni momento della sua vita quotidiana.
L’abbandono di fede era totale nell'affidare a Maria il figlio che andava alla guerra a 1800 chilometri da casa".
Dall’invio di quella cartolina con l’immagine della Vergine è passato giusto un secolo.

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